Un viaggio in auto che attraversa le montagne per arrivare al mare.
È attraversando il parco regionale dei Monti Lattari, tra il golfo di Napoli e la valle dell’Agro Nocerino, nell’altezza delle sue cime che raggiungono l’acme con i 1444 metri del monte San Michele, che il paesaggio richiede maggiore lentezza. Tra i tornanti e le curve strette, in quelle virgole di strada dove si continua a salire, occorre prendersi tutto il tempo. Qui il rapporto tra la distanza e la velocità si dilata, si allunga, fermenta, per la verticale pericolosità dello strapiombo. Un cartello segna Corbara. Mancano ancora 20 km al mare.
Il bianco delle rocce calcaree è accentuato dall’ampiezza delle nuvole addensate a poche centinaia di metri d’altezza. Il giallo dei limoni è coperto dai teloni neri che chiazzano le montagne. Poi un piccolo colpo sui vetri, come se qualcosa li avesse urtati, la caduta che si ripete, si distende, si normalizza: è la pioggia. Taglio Trugnano e Campinola e punto verso Novella. Mancano ancora 10 km al mare.
Passo per Pucara e Ponteprimario. Le case sono perlopiù antiche e alcune, abbandonate, lasciano persino intravedere la propria struttura: travi che non sarebbero mai dovute essere allo scoperto avvicinate così al fogliame verde scuro degli alberi. Il vento è forte e le nuvole iniziano a distribuirsi a grappoli nel cielo. Ora si scende. Mancano 2 km al mare.
Poi ecco, Maiori. Alle spalle le salite e i riavvolgimenti della strada. Davanti triangoli di blu a interrompere il grigio temporalesco del cielo. Esce fuori il giallo del tufo della scogliera, il rosato delle case e, su tutti, l’azzurro cineraria del mare. Qui, in un’estate del 1879, è giunto anche Henrik Ibsen quando aveva 51 anni. Con la sua barba fluviale, restò per tre mesi e finì quello che divenne il suo capolavoro, Casa di Bambola. Continuo e taglio Minori e Marmorata. Poi San Cosma e Amalfi.
Il blu dell’acqua si confonde con il verde e con la purezza del bianco della spuma delle onde, in un prismatico ventaglio multicolore. Man mano che si va avanti la costa si fa più scoscesa. Passo da Conca dei Marini e quando non posso fare altro che girarmi indietro per la vista che quella insenatura concede di Amalfi, arrivo al fiordo di Furore, dove il precipizio della roccia è una vertigine del pensiero. Ma non si è ancora svelata la vista migliore. Passo davanti allo Scoglio dell’Isca, attraverso Vettica Maggiore, Praiano, e come volto una curva Positano.
Posteggio la macchina appena posso. È prima ancora di arrivare davvero a Positano, dal punto in cui la strada si allarga maggiormente, che la vedo nella sua bellezza da codice miniato. Il suo splendore è quello di un’attrice che non deve recitare e che se ne sta seduta in poltrona a guardare lo spettacolo con i vestiti da città.
E da quella distanza, così come accade con le persone più care, sai già che quel contatto ti permetterà di accedere ad un mondo che ti sarebbe stato, altrimenti, precluso.
Scrivi un Commento