42° motoincontro del Monte Catria

Il 27 gennaio, in preda a una grande astinenza da moto, complice il rialzo termico – ma con previsioni meteo comunque non ottimali – il mio ragazzo ha ceduto alla mia voglia di partecipare al “42° raduno del Monte Catria”.

Per chi è abituato al binomio “la rossa sulla rossa” no: questa volta, ahinoi, c’è da restarne delusi. Mentre lei, dopo mesi di viaggi e di intemperanze è ancora nel reparto di rianimazione presso la mia officina di fiducia, l’uomo di cui sopra – animato da tanta compassione – mi ha ceduto quello che, per molti amanti del genere, sembrerebbe essere un vero gioiellino.

Una Honda Dominator del 1992, tirata a lucido – anzi, tirata “rally” oserei dire, dato che è reduce dalla Gibraltar Race, una competizione alquanto tosta -. Bella, eh! Tant’è che i complimenti ricevuti per il mezzo hanno, fortunatamente, offuscato le mie manovre impacciate che, abituata a un missile terra-terra, faticavo a destreggiarmi con quel “robo”!

Vi risparmio le lezioni di guida la sera prima, nel parcheggio davanti a casa… Meriterebbero una digressione lunga quasi quanto la descrizione dei bei posti che ho visitato dopo. Ma per gli spettacoli comici mi sto ancora attrezzando!

Ordunque. Domenica mattina, di buona lena e rivestiti a modino per il clima, ho imboccato la strada panoramica del monte Ardizio la quale, più o meno sugli ultimi tornanti, regala una spettacolare vista sul mare d’inverno!

L’Adriatico, tanto vituperato, ha invero dei tratti molto belli e la zona marchigiana (vedasi Conero, ad esempio) merita tantissimo.

Questa serie di suggestive curve viene però obbligatoriamente interrotta dalla statale adriatica: pochi chilometri di noiosissimo rettifilo che conducono a Fano (Fanum Fortunae, cittadina marchigiana di origine romana). Avrei voluto un caffè, ma la meta era di là da venire e così ho proseguito ancora, verso Fossombrone, seguendo la (antica) via Consolare Flaminia. Di origini romane, prende il nome da Gaio Flaminio Nepote: fu progettata, nel 220 a.C., quale collegamento diretto tra Rimini (Ariminum) e l’Urbe. E se “tutte le strade portano a Roma”, non è un caso che questa, infatti, sia stata costruita proprio per permettere l’accesso – via terra – al nord Italia. Da Rimini in su, Milano per l’esattezza, la prosecuzione prende il nome di Via Emilia per diramarsi ulteriormente nelle zone ancora più settentrionali.

Ritornando al tratto da me percorso, ovverosia quello tra Fano e Fossombrone, la Flaminia si snoda lungo la vallata del fiume Metauro, attraversando alcuni paesi tra cui Calcinelli.

Sicuramente di grande interesse, nettamente maggiore rispetto al panorama che stavo incrociando io, è il versante umbro-marchigiano laddove questa traversa l’Appennino attraverso il passo della Scheggia! Che, ragazzi, non si può non percorrere almeno una volta nella vita.

Se il panaorama, ancora, non soddisfaceva la vista, viceversa han fatto alcuni centri urbani. Fossombrone (Forum Sempronii) in primis, ove mi sono finalmente fermata per la mia merenda.

I natali romani sono quasi scontati – come, in realtà, buona parte della zona – ma questa città si ricorda anche per le successive dominazioni tra cui, su tutte, quella Malatestiana testimoniata superbamente dalla Rocca situata appena fuori la città, lungo la strada che porta verso i monti delle Cesane, dove cresce rigogliosa una stupenda pineta voluta dai dai prigionieri austro-ungarici nella prima guerra mondiale.

Fossombrone, proprio per questa eterogeneità di signorie, ha una storia ricca ma anche un’architettura pregna di immobili – sacri e non – che farebbero rimanere di stucco chiunque.

Il mio obiettivo stavolta non era una gita culturale ma un motoraduno, pertanto l’ora di incamminarmi era giunta nuovamente. Anche perché, conoscendomi, sapevo bene che la tentazione di lasciarmi distrarre da cartelli impercettibili o segnalazioni evidenti è sempre tanta da provocarmi numerose distrazioni lungo la via (non per niente il mio leitmotiv, che ho ben stampato nero su pelle, recita: “transire videndo”).

E difatti, nemmeno a dirlo, nuovamente sulla Flaminia ma non molto distante dal borgo, una deviazione sulla sinistra indica “Marmitte dei Giganti” – altresì denominate “Canyon del Metauro” o Forra di San Lazzaro -. Io che per marmitte intendo solo gli scarichi della moto e curiosa come una bertuccia, non potevo certo proseguire senza un breve raid. Raid che non è lo spray ammazza insetti, ma un vero e proprio tuffo in queste che sono delle morfostrutture derivate dalla lenta erosione fluviale.

Come uscendo da un portale magico, ci si ritrova in mezzo ad una gola scavata, appunto, dall’impeto di un fiume ad oggi ridimensionato, che col suo lavoro ha lasciato queste formazioni che ricordano grosse pentole. Sì, sì: pentole! Esattamente le pentole da cucina! Che, ricolme di acqua, permettono al cielo, alle pareti della Forra e alla vegetazione circostante di specchiarvicisi. Questo luogo così bucolico tra l’altro, offre ben di più del semplice diletto dell’occhio poiché, tempo permettendo, è anche possibile “navigarlo” cimentandosi in attività acquatiche.

Se non direttamente da sotto, quindi, il luogo migliore per ammirare il panorama è da sopra, per l’esattezza da un ponte. Perfetto è il Ponte dei Saltelli – o di Diocleziano, che i tedeschi amaramente distrussero, per poi essere ricostruito -, a ridosso della Faglia. In realtà avreivoluto cercare i sentieri per arrivare più in basso e goderne molto più approfonditamente, ma qualcuno incalzava: ergo sono risalita in sella e ho ripreso la via maestra verso il mio raduno, puntando Cagli (che merita anch’essa una visita approfondita).

Qui ho lasciato la mia traccia per proseguire verso il castello di Frontone, sede del mio ritrovo. Invero presto, lungo la strada, il paesaggio si trasformava… All’improvviso mi sembrava di aver varcato un altro portale, come un videogioco! Ogni livello una scenografia diversa.

Lasciando la riviera e addentrandomi nell’Appennino, ovviamente, non potevo aspettarmi altro! A partire dalle curve. Curve che, specialmente da Buonconsiglio, si sono intensificate rendendo la mia ascesa ripida e tortuosa. Troppo! Per me che sono abituata a un’altra moto. Infatti, di pari passo alla pendenza salivano anche le mie ansie di non… dom(in)are il Dominator. Il fondo bagnato dell’asfalto faceva eco alla mia visiera annebbiata per il sudore. Ma, finalmente, la luce in fondo al tunnel. O meglio, in verità, in cima al montarozzo!

A dispetto del nome del motoincontro, non si era sul Catria, ma alle pendici dello stesso. Ciò non toglie che per arrivare al forte di Frontone, appunto, si dovesse andare in su. E, dall’alto, tutto acquista un altro senso… Io non sono una grande amante della neve, però apprezzo i luoghi (brulli), ameni e fuori dal mondo. E… e lì, ho trovato una risposta a tutte le mie domande. “Perché?!?!?” Perché guidare con incertezza e rigidità, come se non l’avessi mai fatto prima, e il timore di falciare ciclisti o di finire in terra con una moto non mia e a me forse poco congeniale!?!?

Per una colazione in compagnia, certo. Per le amicizie ritrovate e per quei tizi strani con cui ho scambiato due chiacchiere. O ancora per quelli con cui ci si è ripromesso di condividere qualche curva, più avanti. E infine, per quel manto bianco che, fortunatamente, i miei comodissimi stivali da moto hanno sfidato senza paura, perché al minimo accenno di umidità addosso, avrei rimesso in discussione le sorti del mondo!

Il raduno è stato quindi molto bello già per questo. E poi la chiacchiera non mi manca, quindi ho potuto salutare amici incontrati per caso, ma anche conoscere motociclisti – soprattutto alcuni un po’… âgées, diciamo! – che hanno trascorso una vita sulle due ruote.

Andare via è stata una questione di sopravvivenza, in quanto il meteo ballerino non lasciava presagire nulla di nuovo e io non volevo guidare con la neve quella moto. Peccato, perché sulla via del ritorno mi sarei fermata davvero volentieri al Monastero di Fonte Avellana, appartenente al comune di Serra Sant’Abbondio. Un luogo isolato, nel nulla!

Le premesse sono ottime, quindi non mi resta che tornarci e… raccontarvelo la prossima volta!

 

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