Fakarava: non è un caso che il nome di quest’isola significhi “bellissima”, “che rende le cose splendide”
Fakarava, nell’arcipelago delle Tuamotu è il secondo più grande atollo della Polinesia Francese, considerato anche uno dei più affascinanti. Un luogo unico nel suo genere, conformazione, colori e cultura, per la maggior parte di noi è un sogno nel cassetto. Centinai di isolotti, puntini sulle cartine più dettagliate, eppure non bastano un paio di mesi per visitarli e comprenderli tutti a pieno. Sono lì immobili, travagliati dall’oceano alcuni trasformati in un parco divertimenti per viziati turisti, altri ancora incontaminati, come Fakarava.
C’è purezza in questo luogo, una sottile eleganza nei selvaggi lineamenti dell’isola e della fauna marina. Guardarla è come un Amore, ogni istante come la prima volta
Qui il mondo è diverso. La vita nei villaggi, dalle strade ramificate e la buganvillee, luminose chiese di corallo, pittoresche e minimali abitazioni, panetterie, piccoli caffè e ristoranti che sembrano librarsi sulle acque cristalline della riserva.
Dal 2006 la biosfera è patrimonio dell’UNESCO per l’unicità delle specie protette sottomarine, fattore che ha incrementato la notorietà del luogo oltre a rendere felici gli appassionati sub.
Fakarava è formata da “motu” ovvero quelle tipiche lingue di sabbia bianca, in alcuni punti addirittura rosa.
Le spiagge del paradiso, che si allungano nell’immensità del Pacifico circondate da una laguna che sembra un acquario. Attraverso due “passes”, quella di Garuae a nord, la più ampia della Polinesia Francese, e quella di Tumakohua a sud, le correnti dell’oceano si riversano all’interno della laguna favorendo il passaggio dell’acqua e delle specie animali marine. Colori che hanno ispirato le opere del pittore francese Henri Matisse.
Matisse Trascorre tre mesi della sua vita a Thaiti e visitando l’atollo, rimase così colpito dalle sfumature blu della sua laguna al punto da iniziare una nuova fase del suo percorso artistico.
E’ impossibile comprendere grand parte della sua fantasia artistica senza considerare il viaggio verso Tahiti nel 1930. Tutto ha inizio qualche mese prima della partenza, quando fu preso dalla preoccupazione che i suoi anni eroici da pittore stessero per svanire.
“Di fronte alla tela, non ho alcuna idea”
Scrive a sua figlia Marguerite nel novembre 1929 e così per dissipare questa crisi di fiducia, decise di prender mare.
“Poiché l’obiettivo principale del mio lavoro è la chiarezza della luce, mi sono chiesto: ‘Che cosa può essere dall’altra parte dell’emisfero?”
Ricorda nel 1941.
Attraversa il Nord America in rotta verso l’Oceano Pacifico destinazione Papeete, prima città dell’isola di Tahiti, nonché la capitale della Polinesia Francese, il 29 marzo 1930, sbarcando da un battello postale a vapore della Compagnia dell’Unione Steamship sul quale era imbarcato a San Francisco. Giunto a destinazione si installa in una stanza con vista sull’oceano ne1111-16tel Stuart, un moderno blocco di cemento con affaccio sul lungomare nel mezzo di Papeete, dove passa il tempo tra massaggi mattutini per le sue gambe artritiche e le visite pomeridiane al mercato centrale coperto, godendo dello splendore di colori e del suo impensato e variegato pesce fresco di barriera.
Spunti per disegni, tra alberi del pane e altre spesse piante nei giardini del palazzo arcivescovile. Ha trascorso un pó di tempo con il regista tedesco FW Murnau, che era lì a girare il suo nuovo film Tabu: A Story of the South Seas (1931). Matisse, che amava andare al cinema, ha visto il film tre volte dopo la sua uscita in Francia.
Il maggior diletto per quel che ci è giunto dalle sue memorie è stato fare il giro degli atolli corallini di Apataki e Fakarava, per rapaci nuotate nelle lagune dall’acqua color dei diamanti, smeraldi e zaffiri.
“I pesci ti circondano, proprio come le mosche in Francia -non hanno paura”
Oceania, il Cielo e l’Oceania, il Mare. Le opere più significative del periodo, in cui uccelli bianchi e creature marine piombano e guizzano tra alghe e coralli, luogo dove la passione si consuma.
“I ricordi del mio viaggio a Tahiti sono appena tornati a me, quindici anni dopo, sotto forma di immagini ossessive: madrepore, coralli, uccelli, meduse, spugne”
Ha detto Matisse a Brassai, che ha visitato l’appartamento dell’artista a Parigi nel l’estate del 1946, quando i pannelli dell’Oceania stavano prendendo forma.
“È curioso, non è vero, che tutti questi incantesimi del cielo e del mare difficilmente mi hanno ispirato fin dall’inizio.”
Anche alla fine della sua vita, quando la scala delle opere è coraggiosamente vasta, Matisse ancora spuntava ricordi rapsodici dei Mari del Sud.
“Memory of Oceania”, periodo 1952, offre una vista semi astratta attraverso il porto di Tahiti, con una nave a vela rappresentata da un rettangolo verde diagonale e un albero fucsia, e il grumo giallo di un albero di banane nell’angolo in alto a sinistra della composizione.
Il viaggio era un vecchio trucco che Matisse usava per rinfrescare la sua arte ogni volta che si sentiva in difficoltà anche se il suo viaggio a Tahiti nel 1930 rivelatosi il più fruttuoso, per il ricco magazzino di immagini catturate. Il fascino di Fakarava si è mantenuto come un fermo immagine Matisse, pronto a ridonare emozioni.
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