L’ingresso alla città fantasma di Monteruga
Un borgo affascinante avvolto nel silenzio, con una storia da raccontare: questa è la sensazione che si prova arrivando a Monteruga. Camminando tra le rovine di questo luogo sembra di viaggiare indietro nel tempo.
Il rumore dei passi riecheggia nel silenzio, il vento ulula tra i ruderi delle case. Le porte sbattono, i cardini logori e arrugginiti cigolano: sembra di essere catapultati in una pellicola di Dario Argento.
Scopriamo insieme le origini di questo piccolo borgo un tempo pullulante di vita ed ora divenuto una città fantasma.
Le origini di un fiorente borgo agricolo
Situato sulla strada che collega San Pancrazio Salentino a Torre Lapillo, Monteruga nacque dall’espansione dell’omonima masseria durante il ventennio fascista.
Negli anni successivi, il paese fu assegnato alla S.E.B.I. (Società Elettrica per Bonifiche e Irrigazioni, l’attuale ENEL), la quale favorì il suo sviluppo socio-economico. Monteruga conobbe così una sensibile crescita demografica, arrivando a contare circa 800 abitanti.
Tuttavia, il periodo di massimo splendore fu raggiunto negli anni Cinquanta, a seguito della riforma fondiaria. Alcuni terreni agricoli furono espropriati ed in seguito assegnati ai contadini, che si stabilirono definitivamente nel borgo. Monteruga divenne una ridente comunità rurale. Nacque una scuola, la chiesa di Sant’Antonio Abate che si affacciava sulla piazza centrale, cuore della vita cittadina. E poi uno stabilimento vinicolo, un frantoio, il dopolavoro, un campo di bocce, un deposito tabacchi ed infine le case dei contadini.
La lenta e controversa fine di Monteruga
La vita di Monteruga arrivò ben presto al tramonto negli anni Ottanta con la privatizzazione dell’azienda agricola. I terreni vennero divisi ed il fascino dei vicini centri urbani attirava sempre più diversi agricoltori. Il paese iniziò a svuotarsi e da allora è completamente disabitato.
I suoi edifici oggi si ergono come enormi figure spettrali avvolte in un’atmosfera decadente. Un ricordo di un passato che non tornerà mai più.
Cosa resta di Monteruga oggi?
Come compagni crudeli, il tempo e il degrado hanno lentamente divorato, le mura e tutti gli edifici di Monteruga, creando un’atmosfera che mette i brividi come nel più pauroso film dell’orrore.
Una volta arrivati nella piazza centrale, si erge imponente la chiesa di Sant’Antonio Abate, Santo patrono del paese, con il suo rosone e il rilievo raffigurante la Vergine Maria. Esternamente, l’edificio si presenta ancora in buone condizioni, ma all’interno i calcinacci hanno sepolto l’altare, come a ricordare la sorte toccata a Monteruga, sotterrata in un cumulo di fiochi ricordi.
Spostando lo sguardo sotto il porticato che si affaccia direttamente sulla piazza, si scorgono quelle che un tempo erano le case dei contadini, le cui porte e finestre sono segnate irrimediabilmente dall’incuria. Infine, la scuola, con le sue aule tetre e pericolanti nelle quali sembrano ancora riecheggiare le voci dei bambini che imparavano l’alfabeto.
Tutto quello che Monteruga è stato ora è solo uno scialbo ricordo. Rivive, forse, ancora nella memoria di chi qui si è sposato, ha lavorato faticosamente la terra e cresciuto i propri figli.
Monteruga è un borgo dall’aria spettrale nel quale la storia si è intreccia inesorabilmente con i volti delle persone che lo hanno abitato. Una bellezza rara che merita di essere salvaguardata per le generazioni future!
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